Labirinto

martedì 6 ottobre 2015

Barga e il suo Alquerque

Un po' di storia.......




Urne cinerarie scoperte in localita' diverse, nei monti che circondano l'antico Castello di Barga, adagiato sul colle Romeccio, indicano le origini dei primitivi abitanti, liguri-apuani. L'etimologia del nome e' incerta. Secondo alcuni paleografi, deriverebbe da Lucio Barcolio, lucumone di Luni. Altri affermano che il nome di Barga provenga da Bargena, citta' della Tunisia, le cui genti, venute in Italia al seguito di Annibale, 200 anni prima di Cristo, qui si sarebbero fermate. Antichi documenti attestano, come nel IX secolo, Barga fosse un feudo della famiglia longobarda dei Rolandinghi, passato in seguito sotto la giurisdizione dei Marchesi di Toscana. I Barghigiani ottennero dalla Margravia, Contessa Matilde di Canossa, esenzioni fiscali, autonomie amministrative, proprieta' demaniali. Questi privilegi vennero riconfermati dall'Imperatore Federico I il Barbarossa. Nonostante le franchigie concesse dall'imperatore, i Barghigiani, di fatto, continuarono ad essere sottoposti ai lucchesi, i quali, dal momento in cui attorno al Mille si costituirono in libero Comune, allargarono il loro dominio territoriale spingendosi in tre direzioni diverse: Val di Nievole, Valle della Freddana, Valle del Serchio.
Morendo, la Contessa Matilde lascio' alla Chiesa tutti i suoi territori, fra i quali quelli della Garfagnana, contestati pero' dai Lucchesi, i quali spinti dal proprio vescovo Opizone, invasero con molte truppe la Media Valle del Serchio, distruggendo e saccheggiando chiese, oratori, ospedali, dormitori. Abbatterono il Castello di Loppia, distruggendone la chiesa ed imprigionando il Pievano Ottonello; non ebbero ardire di assalire il Castello di Barga perche' vi risiedeva, in quel momento, il Nunzio Apostolico Cencio, inviato in Garfagnana dal Pontefice Gregorio IX.
La relazione di quanto i Lucchesi avevano compiuto nella "Diletta Garfagnana", inviata a Roma dal Nunzio, provoco' l'ira del Papa, il quale, come immediata punizione, soppresse la Diocesi di Lucca, dividendola fra quella di Luni, Pistoia, Pisa e Volterra, promulgando l'interdetto e la scomunica.
Appena i Barghigiani capirono in quali cattive acque nuotassero i Lucchesi, ne approfittarono e, nuovamente aiutati dai Pisani si ribellarono al dominio di Lucca. Due anni dopo avere assaltato il Castello di Loppia, nel 1234, i Lucchesi ritornarono ad assediare Barga, capitale religiosa della Garfagnana, conducendo l'assedio senza molto impegno, temendo, con una facile vittoria, di provocare ancor più le ire del Santo Padre, nel momento in cui, a Roma, autorevoli intermediari stavano contrattando il perdono papale.
Ottenutolo nel 1236, con la forza del denaro e la potenza delle armi, i Lucchesi fecero presto ad estendere il dominio sui castelli vicini. La Garfagnana venne divisa in tre vicarie: Castiglione, Barga, Coreglia. Da quel momento, Garfagnana e Barga trascorsero un lungo periodo di pace, durante il quale, le guerre si svolsero altrove.
Nel corso di circa 60 anni, per la sua particolare posizione, Barga divenne un rinomato centro per lo scambio delle merci provenienti dal coreglino, dal modenese, dalla Garfagnana e dalla Versilia attraverso il passo di Petrosciana-Fornovolasco-Gallicano.
A Barga giungevano i mercanti ad incettare lana, seta, formaggio di pecora, abbacchi, miele, trote. La competitivita' negli acquisti si fece talmente concorrenziale che i Lucchesi, per proteggere il proprio commercio, imposero un forte dazio su tutti i prodotti che uscivano dalle loro Vicarie e che venivano acquistati dai mercanti fiorentini.
Questi allora ricorsero al contrabbando. Impossibilitati i Lucchesi a sopprimerlo, prendendo a pretesto lo sconfinamento di alcuni pastori barghigiani nei territori confinanti della Vicaria di Castiglione, vennero a Barga e distruggendo le mura (1298), misero il Castello a ferro e fuoco, uccidendo ed imprigionando molti barghigiani, mentre altri si salvarono fuggendo a Firenze, dove rimasero fuoriusciti per oltre trent'anni.
Barga rimase terra bruciata per diversi anni, fino a quando Castruccio Castracani, sostituendosi al Signore di Pisa, Uguccione della Faggiola, nel 1316 divenne signore di Lucca. Con il Castracani Barga ritornò una importante Vicaria. Castruccio riedifico' le mura; i commerci, per lunghi anni languenti, ripresero forza, sotto il controllo dei Lucchesi. I Barghigiani, terrorizzati dalla spietatezza del Castracani e ricordando quanto avevano sofferto, si guardarono bene dal riprendere i traffici commerciali con i Fiorentini.
La misteriosa morte di Castruccio Castracani, avvenuta il 3 settembre 1328 all'indomani della vittoriosa battaglia di Pistoia, diede forza e coraggio ai Barghigiani che si dichiararono, volontariamente, sudditi di Firenze. Cio' avvenne il 31 gennaio 1331, nel momento in cui la potenza di Lucca andava precipitosamente sgretolandosi. Dalla scomparsa del Castracani, Lucca venne piu' volte venduta e comprata e, nel 1341, i Fiorentini l'acquistarono per 100 mila fiorini d'oro.
Non appena i Pisani appresero che i Fiorentini avevano comperato Lucca, certi di essere danneggiati da quell'ingrandimento, occuparono quella citta' ancora prima che i Fiorentini ne prendessero possesso. Cio' avvenne il 1 agosto 1341. Mentre per i Pisani fu facile incorporare le Vicarie di Coreglia e Castiglione, non riuscirono mai a sottomettere Barga.
Trascorsi quegli avvenimenti, Barga ebbe un lungo periodo di pace, durante il quale i Barghigiani, migliorando le proprie condizioni economiche, intensificarono il commercio. La popolazione crebbe di numero, si costruirono nuove case e la vita del castello, svoltasi fino allora intorno alla Rocca (Duomo) si ando' a poco a poco spostando verso il basso, attorno a quella piazza che, in onore di Firenze, fu chiamata  di Santa Maria Novella. Sarebbe divenuta in seguito Piazza Pietro Angeli, e dai Barghigiani chiamata in tutti i tempi "Aiaccia".
Un'altra guerra fra il 1436-37 sconvolse la tranquilla vita dei Barghigiani. Il celebre condottiero Niccolo' Piccinino, al soldo dei Visconti di Milano, in guerra contro Firenze, venne a porre l'assedio a Barga. Egli era sicuro che sconfiggendo i Barghigiani, da tutti ritenuti i piu' fedeli sudditi di Firenze, tutti gli altri castelli sarebbero caduti uno dietro l'altro senza combattere.
In soccorso dei Barghigiani, Firenze invio' un condottiero pari al Piccinino, Francesco Sforza, con molta cavalleria e numerosi fanti.
Falliti i tentativi di convincere i Barghigiani alla resa, il Piccinino dette ordine dell'attacco generale, impiegando per la prima volta le bombarde che servirono a fare breccia sulle mura di Porta Macchiaia. Ma la mattina dell'8 febbraio 1347 le truppe dello Sforza dettero battaglia al Piccinino e lo vinsero.
Dopo l'unione con Firenze, nel corso dei secoli i Barghigiani ebbero numerosi privilegi, tra i quali l'esenzione della gabella sui contratti (imposta di registro), esenzione della tassa di Macina (tassa di famiglia), esenzione del prezzo generale dei sali, esenzione dell'appalto del tabacco (fino al 1807, nel Comune di Barga ne rimasero libere la coltivazione e  la fabbricazione), esenzione dell'appalto delle carte da gioco (fabbricazione di carte da gioco), esenzione dalle gabelle di Livorno per cui i Barghigiani potevano portare a Livorno i loro prodotti senza pagare dazio e ritirare da quel porto i vari generi senza pagare la dogana, esenzione della regalia della polvere da caccia, per cui sorsero nel Comune diverse fabbriche di polvere da sparo che, esportata e contrabbandata, dava un lucro non indifferente. Nel 1860 erano ancora presenti lungo il torrente Ania sei fabbriche di tale polvere.
Cessate le guerre, protetta da una grande potenza militare e finanziaria, quale era divenuta Firenze, fin dall'inizio del secolo XV la vita politica ed amministrativa di Barga si ando' sempre piu' accentrando nelle mani di pochissime famiglie, le quali si alternavano nel governo di Barga. Le piu' note di queste erano: Bonanni, Salvi, Pancrazi, Turignoli, Angeli, Menchi, Ciarpi, Tallinucci, Orlandi.
L'inizio del passaggio di Barga guelfa ad un governo aristocratico mercantile, si ebbe allorquando il Comune, nei primi anni del del XVI secolo, avendo bisogno di denaro, in luogo di affittare gli appezzamenti del Monte Gragno, di sua proprieta', li mise all'asta cedendoli ai migliori offerenti, ossia ai nuovi ricchi.
In virtu' dei nuovi statuti stipulati con Firenze, i barghigiani ottennero la liberazione di onerose imposte che fecero della loro comunita' una specie di piccola San Marino.
Con lo sviluppo del porto franco di Livorno e la costruzione della nuova strada carrabile che attraverso il piano di Gragno-Giuvicchia, metteva in comunicazione diretta il Castello con il fondo valle, i commercianti, con pesanti carri trainati da buoi, andavano a Livorno ad approvvigionarsi di generi coloniali, sale e tessuti. Questi prodotti, trasportati a Barga, venivano venduti agli Estensi ed ai Lucchesi, che ne facevano contrabbando.
La Comunita' di Barga comprendeva le parrocchie di San Cristofano, di Santa Maria di Loppia, di San Giusto di Tiglio, di San Michele di Albiano, di San Nicolao di Castelvecchio ed era governata da trenta Ufficiali, cioe' sei Consoli, sei Capitani di parte guelfa, in seguito aboliti, di tre Difensori, uno per ogni porta e da quindici Consiglieri. Il primo Statuto della Comunita' venne redatto in latino nel 1360, quindi in volgare nel 1414. La involuzione della classe conservatrice dominante si esprime dal bisogno che aveva di difendere i propri privilegi, impedendo l'accesso alle cariche pubbliche delle classi meno abbienti. Con le riforme leopoldine del 1700 e con la decennale presenza dei francesi ai primi dell'800, si inizio' a Barga un lungo periodo di incubazione democratica, che poi esplodera' ai primi del 900 con il ritorno degli emigranti.  (Liberamente tratto da  "Barga"  - Testi A. Verzani - Ed. Gasperetti - Barga)

ALQUERQUE

A metà di Vicolo del Duomo troviamo un piccolo Alquerque, parzialmente usurato, delle dimensioni di cm.25x23, con i quadrati interni nella prima serie di cm.10x14, nella seconda serie cm.13x14. Questo simbolo è inserito all'interno della pavimentazione stradale di lato al Teatro dei Differenti, sicuramente è una pietra recuperata da altri luoghi, inserita durante i lavori di pavimentazione del centro storico. Si ringrazia la Sig.ra Alba Fini per la segnalazione.














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