All’interno della Cattedrale di San Martino , è
presente il Volto Santo, inserito dentro un tempietto realizzato da Matteo
Civitali negli anni 1482-1484, in sostituzione dell’antica costruzione già
esistente nel 1107.
Si tratta di un “Crocifisso” molto particolare; Il
Cristo effigiato è vivo e con gli occhi aperti e veste una tunica legata ai fianchi
con un cordone. Secondo la tradizione il Crocifisso sarebbe giunto il
"Venerdì Santo" del 782 d.C., nel porto dell'antica città di Luni a
bordo di una nave senza nocchiero. Autore dell'opera sarebbe il discepolo di
Gesù, Nicodemo. Tranne il volto, realizzato invece dagli angeli. Si tratterebbe
quindi di un’immagine "acheropita", ovvero "non fatta da mano
umana". Come la "Veronica" oppure il "Velo di
Manoppello". Le moderne analisi hanno datato il Crocifisso a un periodo
compreso tra l'XI ed il XII secolo, lavoro ascrivibile a un maestro lombardo.
Il fascino che scaturisce dal crocifisso colpisce il visitatore in maniera
potente: innanzitutto per le dimensioni: un’altezza di circa tre metri e una
larghezza di due metri e mezzo. Il corpo del Cristo è ricoperto da una lunga
veste a pieghe che conferisce all’immagine un regale aspetto, completamente
diverso dalla tradizione iconografica, che raffigura Gesù, sulla croce nudo,
vestito soltanto del perizoma. L’elemento che cattura il visitatore in maniera
forte, incisiva è sicuramente la raffigurazione del volto, l’incarnato è roseo,
labbra rosse, chioma e barba corvini; gli occhi sono aperti, espressivi,
profondi, severi. Non è l’immagine di un moribondo ma bensì l’immagine del
trionfo sulla morte, la sua veste non è quella di un condannato, la sua veste è
il “columbium” la veste dei sacerdoti, la veste del Sommo Sacerdote.
La "leggenda" del
Volto Santo, si perde nell’antichità infatti si narra che il crocifisso venne
scolpito da Nicodemo, il "discepolo occulto" di Gesù, con l'aiuto
degli angeli per l'esecuzione del viso, e rimane nascosto per più di settecento
anni a Ramla, una città della Palestina. Qui viene ritrovato, dietro ispirazione
di un angelo apparsogli in sogno, da Gualfredo, vescovo subalpino pellegrino in
Terra Santa col suo séguito, che lo reca al porto di Ioppe, l'odierna Giaffa,
dove lo carica su una nave, che sigilla con bitume ed affida al mare priva di
equipaggio, pregando la divina provvidenza che lo conduca in terre cristiane.
La nave, dopo avere attraversato miracolosamente gran parte del Mediterraneo,
si ferma al largo delle coste di Luni, non lontano da Bocca di Magra. I lunensi
esperti marinai, dediti al commercio marittimo, ma anche alla pirateria calano
in mare le barche, per predare quella nave incustodita; ma inutilmente, perché,
ad ogni tentativo di raggiungerla, la nave riprende il largo allontanandosi da
loro.
Frattanto, a Lucca, un angelo
appare in sogno al vescovo, il beato Giovanni I, rivelandogli l'arrivo a Luni,
del Volto Santo e comandandogli di recarsi là col clero e i maggiori del
popolo, per prenderlo e portarlo a Lucca. Giunto al porto di Luni col suo
séguito, il vescovo vede i lunensi che di nuovo tentano con remi e vele di
raggiungere la nave, e questa che si allontana sottraendosi ai loro arpioni. Il
beato Giovanni fa cenno ai marinai di fermarsi, ed esorta tutti a chiedere
l'aiuto di Dio; a questo punto, la nave si dirige spontaneamente verso di lui,
che apre i boccaporti ed entra con i suoi nella stiva, dove trovano il Volto
Santo, alla vista del quale tutti quanti scoppiano in lacrime di gioia ed
intonano il Gloria in excelsis.
Nacque poi una disputa fra i
Lucchesi e i Lunensi su quale delle due città abbia diritto a custodire il
simulacro. Prima il vescovo Giovanni estrae dall'interno della statua alcune
delle reliquie in essa contenute, fra cui una delle due ampolle del sangue di
Gesù Cristo quella oggi a Sarzana, l'altra è quella attualmente venerata a
Lucca in S. Frediano e le consegna al vescovo di Luni; poi si ricorre alla
celeberrima "prova dei giovenchi indomiti": il Volto Santo viene
issato su un carro riccamente addobbato, a cui vengono attaccati due vitelli
non ancora aggiogati. Lasciati liberi di andare, gli animali si dirigono verso
Lucca: di fronte al risultato di questo "giudizio di Dio", i lunensi
se ne tornano alle loro case, mentre il vescovo Giovanni sale sul carro, che,
attorniato dagli altri lucchesi, giunge trionfalmente a Lucca sul far della
sera. Correva l'anno 782, secondo del regno comune di Carlo Magno e Pipino II.
Lentamente il culto e l'immagine del Volto Santo
inizió a diffondersi anche lontano dalla città di Lucca grazie ai pellegrini e
ai mercanti lucchesi, che viaggiando riuscirono a far conoscere la sua
magnificenza a molti popoli. Sempre in questo periodo iniziarono le prime raffigurazioni
della leggenda affrescate nelle cappelle delle famiglie nobili della città, ad
esempio nella cappella della villa dei Buonvisi che si trova presso Monte San
Quirico; anche nelle chiese iniziarono i primi affreschi e uno di essi lo
possiamo trovare all'interno della Chiesa di San Frediano, databile intorno al
1508-09, perché secondo la leggenda la prima dimora del Volto Santo fu proprio
questa. Dopo il 1655, anno della solenne coronazione della Sacra immagine, il
Volto Santo si diffuse nelle chiese del Contado lucchese, nella Pieve di Santa Maria Assunta a Diecimo troviamo una di queste splendide rappresentazioni del Volto Santo.
Parallelamente alle
raffigurazioni delle chiese aumentarono gli affreschi all'interno delle
cappelle private, inoltre
l'immagine del Volto Santo veniva incisa anche sulle monete lucchesi. Le
immagini del Volto Santo erano poste sia entro la cerchia muraria sia nel
contado o nelle antiche vicarie. All'interno della cerchia muraria possiamo
trovare delle immagini del Volto Santo su almeno due porte (Porta San Pietro e
Porta San donato) e sulla facciata del Palazzo Mazzarosa. Al suo esterno invece
sono particolarmente significative le immagini che troviamo a Borgo Giannotti
(1850) e a Montignoso (1631).
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