Labirinto

mercoledì 7 marzo 2018

La cattedrale di San Martino e Il Cristo acheropito



All’interno della Cattedrale di San Martino , è presente il Volto Santo, inserito dentro un tempietto realizzato da Matteo Civitali negli anni 1482-1484, in sostituzione dell’antica costruzione già esistente nel 1107.
Si tratta di un “Crocifisso” molto particolare; Il Cristo effigiato è vivo e con gli occhi aperti e veste una tunica legata ai fianchi con un cordone. Secondo la tradizione il Crocifisso sarebbe giunto il "Venerdì Santo" del 782 d.C., nel porto dell'antica città di Luni a bordo di una nave senza nocchiero. Autore dell'opera sarebbe il discepolo di Gesù, Nicodemo. Tranne il volto, realizzato invece dagli angeli. Si tratterebbe quindi di un’immagine "acheropita", ovvero "non fatta da mano umana". Come la "Veronica" oppure il "Velo di Manoppello". Le moderne analisi hanno datato il Crocifisso a un periodo compreso tra l'XI ed il XII secolo, lavoro ascrivibile a un maestro lombardo. 

Il fascino che scaturisce dal crocifisso colpisce il visitatore in maniera potente: innanzitutto per le dimensioni: un’altezza di circa tre metri e una larghezza di due metri e mezzo. Il corpo del Cristo è ricoperto da una lunga veste a pieghe che conferisce all’immagine un regale aspetto, completamente diverso dalla tradizione iconografica, che raffigura Gesù, sulla croce nudo, vestito soltanto del perizoma. L’elemento che cattura il visitatore in maniera forte, incisiva è sicuramente la raffigurazione del volto, l’incarnato è roseo, labbra rosse, chioma e barba corvini; gli occhi sono aperti, espressivi, profondi, severi. Non è l’immagine di un moribondo ma bensì l’immagine del trionfo sulla morte, la sua veste non è quella di un condannato, la sua veste è il “columbium” la veste dei sacerdoti, la veste del Sommo Sacerdote.
La "leggenda" del Volto Santo, si perde nell’antichità infatti si narra che il crocifisso venne scolpito da Nicodemo, il "discepolo occulto" di Gesù, con l'aiuto degli angeli per l'esecuzione del viso, e rimane nascosto per più di settecento anni a Ramla, una città della Palestina. Qui viene ritrovato, dietro ispirazione di un angelo apparsogli in sogno, da Gualfredo, vescovo subalpino pellegrino in Terra Santa col suo séguito, che lo reca al porto di Ioppe, l'odierna Giaffa, dove lo carica su una nave, che sigilla con bitume ed affida al mare priva di equipaggio, pregando la divina provvidenza che lo conduca in terre cristiane. La nave, dopo avere attraversato miracolosamente gran parte del Mediterraneo, si ferma al largo delle coste di Luni, non lontano da Bocca di Magra. I lunensi esperti marinai, dediti al commercio marittimo, ma anche alla pirateria calano in mare le barche, per predare quella nave incustodita; ma inutilmente, perché, ad ogni tentativo di raggiungerla, la nave riprende il largo allontanandosi da loro.
Frattanto, a Lucca, un angelo appare in sogno al vescovo, il beato Giovanni I, rivelandogli l'arrivo a Luni, del Volto Santo e comandandogli di recarsi là col clero e i maggiori del popolo, per prenderlo e portarlo a Lucca. Giunto al porto di Luni col suo séguito, il vescovo vede i lunensi che di nuovo tentano con remi e vele di raggiungere la nave, e questa che si allontana sottraendosi ai loro arpioni. Il beato Giovanni fa cenno ai marinai di fermarsi, ed esorta tutti a chiedere l'aiuto di Dio; a questo punto, la nave si dirige spontaneamente verso di lui, che apre i boccaporti ed entra con i suoi nella stiva, dove trovano il Volto Santo, alla vista del quale tutti quanti scoppiano in lacrime di gioia ed intonano il Gloria in excelsis.


Nacque poi una disputa fra i Lucchesi e i Lunensi su quale delle due città abbia diritto a custodire il simulacro. Prima il vescovo Giovanni estrae dall'interno della statua alcune delle reliquie in essa contenute, fra cui una delle due ampolle del sangue di Gesù Cristo quella oggi a Sarzana, l'altra è quella attualmente venerata a Lucca in S. Frediano e le consegna al vescovo di Luni; poi si ricorre alla celeberrima "prova dei giovenchi indomiti": il Volto Santo viene issato su un carro riccamente addobbato, a cui vengono attaccati due vitelli non ancora aggiogati. Lasciati liberi di andare, gli animali si dirigono verso Lucca: di fronte al risultato di questo "giudizio di Dio", i lunensi se ne tornano alle loro case, mentre il vescovo Giovanni sale sul carro, che, attorniato dagli altri lucchesi, giunge trionfalmente a Lucca sul far della sera. Correva l'anno 782, secondo del regno comune di Carlo Magno e Pipino II.
Lentamente il culto e l'immagine del Volto Santo inizió a diffondersi anche lontano dalla città di Lucca grazie ai pellegrini e ai mercanti lucchesi, che viaggiando riuscirono a far conoscere la sua magnificenza a molti popoli. Sempre in questo periodo iniziarono le prime raffigurazioni della leggenda affrescate nelle cappelle delle famiglie nobili della città, ad esempio nella cappella della villa dei Buonvisi che si trova presso Monte San Quirico; anche nelle chiese iniziarono i primi affreschi e uno di essi lo possiamo trovare all'interno della Chiesa di San Frediano, databile intorno al 1508-09, perché secondo la leggenda la prima dimora del Volto Santo fu proprio questa. Dopo il 1655, anno della solenne coronazione della Sacra immagine, il Volto Santo si diffuse nelle chiese del Contado lucchese, nella Pieve di Santa Maria Assunta a Diecimo troviamo una di queste splendide rappresentazioni del Volto Santo. 


Parallelamente alle raffigurazioni delle chiese aumentarono gli affreschi all'interno delle cappelle private,  inoltre l'immagine del Volto Santo veniva incisa anche sulle monete lucchesi. Le immagini del Volto Santo erano poste sia entro la cerchia muraria sia nel contado o nelle antiche vicarie. All'interno della cerchia muraria possiamo trovare delle immagini del Volto Santo su almeno due porte (Porta San Pietro e Porta San donato) e sulla facciata del Palazzo Mazzarosa. Al suo esterno invece sono particolarmente significative le immagini che troviamo a Borgo Giannotti (1850) e a Montignoso (1631).



lunedì 5 marzo 2018

La Santa Casa di Nazareth in S.Maria Corte Orlandini a Lucca



La Santa Cappella fu realizzata nel 1661 a Lucca, nella chiesa di S.Maria Corte Orlandini, per volere del Padre Antonio Grammatica. Questo edificio, posto sul lato nord della chiesa di S.Maria è la copia esatta della Santa Casa di Nazareth venerata a Loreto.
La cappella rispecchia fedelmente la Santa Cappella di Loreto, nelle sue dimensioni ml.4,10 di larghezza ml.9,52 di lunghezza, nella tessitura muraria e negli affreschi interni, mentre esternamente è stata realizzata in maniera completamente diversa dall’originale, poiché la S.Casa di Loreto risulta avere un apparato esterno interamente realizzato con preziosi marmi, mentre in quella di Lucca  solo tre lati hanno effetto marmoreo e solo il fronte è rivestito in marmo bianco di Carrara venato, con lesene grigio scuro che sorreggono un cartiglio su sfondo nero con la scritta: Forma Domus in qua verbum caro factum est. La finestra dell’Angelo, posta sul fronte è leggermente decentrata sulla sinistra, ed è stata riposizionata in maniera simmetrica rispetto gli spigoli per creare una metà cieca. Il soprastante architrave di marmo grigio, si raccorda con le lesene per tutto il perimetro del fronte, donando eleganza e semplicità alla struttura, sulle restanti pareti non sono presenti decorazioni ad eccezione delle modanature dei portaletti e della cornice superiore.
L’assenza di decorazioni, permetteva di utilizzare come paramenti liturgici dei teli in damasco, color cremisi, che impreziosiva la santa Casa durante il periodo di Natale, tale notizia viene anche riportata in un documento del 1684, dove erano minuziosamente descritti l’aspetto, le dimensioni e si ricordano i due donatori anonimi e la loro volontà riguardo all’uso dei paramenti.
Gli interni furono realizzati con un accurato certosino lavoro artigianale, in modo da ricreare le esatte dimensioni e andamenti dei mattoni e delle pietre, allo stesso modo furono eseguiti gli affreschi del sacello dal pittore veneziano Giovanni Bellini, nella seconda metà del 600, come risulta dagli atti dell’Archivio Cerù. Negli affreschi sono raffigurate: la Vergine con due teste di cherubini, un’icona tipo bizantina con Maria Santissima in trono; Santa Caterina d’Alessandria e l’apostolo Paolo. Viene anche fedelmente riprodotto un piccolo tabernacolo, dove erano conservate le scodelle e le suppellettili che sarebbero servite alla Santa Famiglia.
Quando a Loreto rivestirono di marmo la Santa Casa, aprirono sul davanti due accessi simmetrici e chiusero quella che era stata l’antica porta, lasciando a vista l’architrave di legno, anche a Lucca fu riprodotto questo particolare e i religiosi con scrupolo rispettarono questo particolare architettonico. In una nicchia ricca di stelle, nella Parete centrale, sotto il simbolo dello Spirito Santo è posta la statua della Madonna rivestita da una ricca dalmatica.
La scultura della Vergine in cedro fu commissionata a Roma da Padre Carlantonio e fu realizzata simile a quella di Loreto. L’effige benedetta dal pontefice Alessandro VII, arrivò a Lucca il 12 agosto 1662 e il giorno successivo fu portata in Santa Maria Corte Orlandini con una solenne processione, dove parteciparono le massime autorità della Repubblica, una relazione dettagliata dell’evento è riportata in un manoscritto, delle misure cm.15x22x1,6, conservato nella Biblioteca Statale di Lucca  al n.2045, recante sul dorso la scritta: memorie istoriche del Manfredi.

Esterno della Santa Casa 


Particolare del mattone proveniente dalla S.Casa di Loreto 

Nel 1921 l’originale nella Casa di Loreto venne distrutta da un furioso incendio e fu presa copia di quella di Lucca, per realizzare una nuova statua ad opera di Leopoldo Calani, che la scolpì nello stesso anno, di conseguenza dopo il disastroso incendio di Loreto, la statua della Vergine di Lucca è tra le più antiche icone lauretane esistenti.


La realizzazione della Santa Cappella è stata un faro di pura devozione mariana per la città di Lucca, che ha accentrato attraverso i riti celebrativi alla Madonna, una consapevole pietà intrisa di memoria storica per circa tre secoli. Intensi i momenti, in particolare durante il colera del 1855, che stava seminando morte e paura, il popolo lucchese, nei giorni 3-4-5 Agosto, chiese protezione alla Vergine Lauretana e l’anno dopo in segno di ringraziamento per lo scampato pericolo, furono fatti pellegrinaggi e intensi tridui di preghiera. Nel 1867, con la nascita di un forte anticlericalismo nella provincia, ci furono disordini che portarono alla chiusura dalla Santa Casa da parte del potere politico del senato, con l’emanazione di norme che portarono alla soppressione degli istituti religiosi, con pesanti requisizioni che portarono alle casse dello stato molte ricchezze. Nel 1894, in un clima più sereno, ci fu il sesto centenario della traslazione della S. Casa e furono fatti pellegrinaggi con liturgie intense, accompagnate dalla musica del Maestro Puccini diretta dai maestri Pellicci, Doroni e Tramonti.
Il Capitolo Vaticano, con decreto del cardinale Merry del Val, il 12 marzo 1924 fregiò la statua della Beatissima Vergine Lauretana della corona aurea. Con rito solenne il 10 Dicembre 1925 fu fatta la celebrazione dell’incoronazione della Vergine.
All’esterno della santa Cappella c’è un grande affresco di ml.3.90x5.00 realizzato vent’anni dopo la costruzione dell’edificio, che raffigura la traslazione della Santa Casa, realizzato dai pittori lucchesi Filippo Gherardi il Sancasciani e Giovanni Coli, anche se il contributo apportato da quest’ultimo fu minimo a causa della morte prematura.
La Santa Casa è ricca di arredo tessile, drappi damascati con lussuose decorazioni in particolare è presente un palliotto in corallo ricamato con fiori e grappoli d’uva coronati dal monogramma mariano  e donato dalla nobildonna Lavinia Orsucci nel 1818. Dinanzi alla statua della Vergine Lauretana, è presente una rara ed elaborata lampada in argento, di scuola fiamminga, commissionata da Augustino Santini e realizzata da Bernardo Pitterman.

 Bibliografia
L’ornamento Marmoreo della Santa Cappella di Loreto Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto Edizione a cura di Floriano Grimaldi Settembre 1999
Vittorio Pascucci L’allusivo iconografico in Santa Maria Corteorlandini Editore S.Marco Ottobre 1996



lunedì 19 febbraio 2018

Un pezzo della colonna della flagellazione a Lucca


La colonna della Flagellazione a S.Prassede a Roma 
La reliquia più importante legata alla flagellazione è costituita dalla colonna conservata nella chiesa di Santa Prassede a Roma: posta all’interno di un’edicola di bronzo risalente alla fine del XIX secolo, fu trasferita da Gerusalemme a Roma, nel 1223, dal cardinale Giovanni Colonna. “ Perché la colonna della flagellazione di Gesù, venerata in epoca antichissima nella chiesa degli apostoli sul monte Sion a Gerusalemme, era il suo stemma araldico come dimostra lo stesso cognome del cardinale (cardinale Colonna, N.d.A.). E poiché questa colonna gli stava particolarmente a cuore, non la fece portare nella basilica di San Pietro, ma la collocò nella chiesa di cui era titolare, l’antica basilica di Santa Prassede sul colle Esquilino”.
Secondo il parere di numerosi studiosi della Sindone, la colonna di Santa Prassede sarebbe compatibile con i segni della flagellazione presenti sul lino torinese: infatti, l’analisi della loro posizione tenderebbe a suggerire la possibilità che il corpo dell’uomo avvolto nel sudario fosse piegato quando era colpito dai tortores, schiavi preparati in un’apposita scuola, oppure soldati comandati a questo particolare incarico, che generalmente operavamo in coppia.
Collin de Plancy scriveva che a Gerusalemme si conservavano addirittura due colonne della flagellazione e considerevoli pezzi erano venerati a Padova, Assisi, Toledo, nell’abbazia di La Celle, presso Troyes, dove vi erano conservate anche le verghe che servirono a flagellare Gesù Cristo. (J.A.S Collin de Plancey, op.cit.p.126).
La colonna misura 63 cm. con diametro di 20 cm. che si riduce a 13 cm. nella parte centrale.  E’ stata realizzata con quarzo-diorite egiziano, è danneggiata nella parte superiore e inferiore e presenta al centro della sommità traccia dell’infissione di un anello di ferro.
Il danneggiamento è da attribuire al prelevamento di frammenti da inviare ad altre chiese, secondo il modus operandi piuttosto diffuso nel passato, uno di questi frammenti è qui conservato nel museo del Santuario di S. Gemma a Lucca.

Il pezzo della Colonna della Flagellazione conservato a Lucca nel Monastero di S.Gemma